Un amore partigiano – Iole Mancini, Concetto Vecchio.

by La Libraia

Recensione del libro Un amore partigiano e intervista all'autore.

Ho trascorso il 25 aprile 2022 in isolamento causa Covid 19; tra le mani stringevo una copia di Un amore Partigiano (Feltrinelli, 2022), un memoir scritto da Concetto Vecchio e Iole Mancini, che ripercorre la Resistenza partigiana romana del ’43 e del ’44.

Come spesso accade alcuni libri arrivano a noi in un determinato momento della nostra vita acquisendo la parvenza di un segno del destino. In questo momento storico pieno di incertezze, dove capita di non sentire un vero senso di appartenenza alla politica del nostro Paese, avere avuto l’opportunità di leggere Un amore partigiano, è stato come svegliarsi da un sonno profondo.

Con una vena di sentimentalismo, mi sono ritrovata a pensare che dietro questa lettura ci sia stata la carezza della signora Iole Mancini, partigiana italiana, che come una nonna ha voluto tramandare ai nipoti la sua storia, la storia di tutti noi italiani, attraverso la penna di Concetto Vecchio.

L’autore ci accompagna nel suo viaggio di conoscenza con Iole Mancini, oggi 102 anni, affiancando alla storia di questa straordinaria donna, un lavoro capillare di ricostruzione storica. 

La Resistenza romana

La Resistenza romana è iniziata l’8 settembre 1943, contestualmente alla battaglia di Porta San Paolo che terminò il 10 settembre, quando il re Vittorio Emanuele III e il Regio Esercito fuggirono da Roma lasciando la città in balia dei tedeschi.  

Roma, lasciata allo sbando, vivrà un inferno di terrore e ristrettezze disumane in attesa dell’arrivo degli alleati che giunsero solo il 4 giugno 1944, giorno in cui Iole Mancini venne liberata dalla prigione di via Tasso.

La Resistenza romana durò 271 giorni, nei quali Roma dichiarata città aperta, cioè priva di strumenti difensivi e ceduta direttamente al nemico, fu invece bombardata e occupata dalla crudeltà inaudita dei tedeschi.

Iole Mancini, giovane italiana cresciuta sotto il regime fascista, intersecando la sua esistenza di donna nel fiore degli anni, sarà chiamata ad affrontare un evento storico che sconvolgerà ulteriormente la sua vita. 

Ripercorreremo la storia d’amore tra Iole e Ernesto Borghesi, come si incontrarono sulla spiaggia di Anzio, dell’eterno fidanzamento, dell’impegno politico, l’adesione ai Gappisti e la loro lotta ai nazifascisti. 

Concetto Vecchio racconta in egual misura di amore, di paura e di speranza; non lesina però sui dettagli raccapriccianti delle torture inflitte ai partigiani, rendendo il dolore vivido e sincero. 

La stessa Iole finirà nella prigione di via Tasso, simbolo dell’occupazione nazista di Roma, e sarà sottoposta agli interrogatori direttamente da Erich Priebke

La storia si dipana negli angoli di una Roma povera, portata allo stremo dalla mancanza di cibo e dai soprusi ingiustificati dei tedeschi, tenuta in vita da una manciata di giovani partigiani che coraggiosamente hanno resistito. 

Concetto Vecchio ricostruisce un vero e proprio archivio storico di valore inestimabile, fatto di nomi e cognomi, ruoli e aspetti caratteriali che hanno contraddistinto tutti questi intrepidi romani che hanno lottato per sopravvivere e per dare un futuro all’Italia.

L'autore

Il memoir è sapientemente scritto dalle mani di Concetto Vecchio (1970), quirinalista de “la Repubblica”, che da anni racconta la politica italiana. Ha scritto Vietato obbedire (2005), un reportage narrativo sul Sessantotto alla facoltà di Sociologia con cui si è aggiudicato il premio Capalbio e il premio Pannunzio; Ali di piombo (2007), sul movimento del 1977 e il delitto Casalegno; L’ultimo compagno, il romanzo di Emanuele Macaluso (2021). Con Feltrinelli ha pubblicato Giorgiana Masi. Indagine su un mistero italiano (2017); Cacciateli! Quando i migranti eravamo noi (2019), che ha vinto il premio Estense.

Trailer di Un amore partigiano, realizzato da Concetto Vecchio

"Voi oggi potete studiare, esprimervi, noi no, perché vivevamo in dittatura, questo lo dobbiamo alla resistenza"

Queste sono le parole che Iole Mancini ha pronunciato nel suo discorso in piazza San Paolo a Roma il 25 aprile 2022; in quello stesso momento io stavo leggendo la sua storia.

Troppo spesso diamo per scontato che le nostre libertà siano frutto di un diritto innato, quando invece per acquisire quello stesso diritto, molte persone prima di noi hanno lottato duramente e perso la vita.

La penna di Concetto Vecchio ha dato vita a un’opera che nonostante gli argomenti trattati non cede mai alla retorica; una biografia storica schietta e diretta che si attiene unicamente ai fatti, raccontati dalla prospettiva di una giovane, splendida, donna.

Intervista esclusiva a Concetto Vecchio per la Lalibraia.it

Come ti sei avvicinato a Iole Mancini e alla sua storia? Riflettevo sul nesso di non casualità che spesso ci fa leggere determinati libri in specifici momenti della nostra vita; è stato lo stesso per te quando hai incrociato per la prima volta la tua esistenza con quella di Iole?

 

Ho conosciuto Iole Mancini il 25 aprile dell’anno scorso, durante un servizio per il mio giornale che non volevo fare: la visita di Draghi al museo Tasso, dove i nazisti torturavano i partigiani. Ero convinto che non desse pezzo, come si dice gergo. E infatti a fine mattinata Draghi lasciò il museo senza aver detto niente. Avevo buttato via una mattinata, me ne lamentai con il giornale, e il mio capo, Stefano Cappellini, mi disse: “Vabbé, tu sai trovare le storie. Rimedia con un ex prigioniero di via Tasso e facciamo un’intervista”. Era quasi l’una, la gente entrava nelle trattorie e io per strada mi attaccai al telefono, rimbalzando da un interlocutore all’altro, finché non approdai al presidente del museo, Antonio Parisella.  Gli domandai se poteva segnalarmi un sopravvissuto ancora in vita.
“Eh non saprei su due piedi, penso di no comunque”.
“Immaginavo”, esclamai.
In quel mentre Parisella alzò precipitosamente la voce: “No, no, aspetti un attimo. Che dico! C’è Iole Mancini”.
“Quanti anni ha?”
“Centuno anni”.
“Centouno anni” ripetei.
Feci un altro giro di telefonate. Alla fine mi procurai il recapito di Iole.
Tornai al giornale alle sedici.
“Hai la storia?”, mi chiese Cappellini. “Boh”, risposi. “Ha 101 anni”, dissi.
Composi il numero. Iole cominciò a raccontarsi. Era un racconto potente. Intuii subito che era una storia enorme. Iole era solenne ma anche precisa. Dopo un’ora Stefano si affacciò e mi guardò interrogativo. Restammo al telefono un’ora e quaranta minuti. Quando riattaccai sentii il bisogno di fare una passeggiata. Ero turbato da quel che avevo sentito. All’indomani l’intervista uscì. Quel giorno andai a trovarla alla Balduina, dove vive a Roma. Volevo conoscerla. Mi mostrò le foto della sua vita, e in breve rivelò tutta la sua umanità. Alla fine osai: “Signora, ma lei farebbe un libro con me?“ “Proviamo”, disse cauta.


Molte delle atrocità perpetuate ai danni dei partigiani che hai riportato nel libro sono difficili da leggere e assimilare; come scrittore ce n’è stata qualcuna che ti ha particolarmente colpito, tanto da renderne difficoltosa la trascrizione?

“Le ho usate col contagocce. Sono testimonianze orrende, sevizie che nemmeno immaginiamo. La guerra è sempre un teatro di abiezione, nel quale gli uomini danno il peggio di sé. Ernesto Borghesi, il marito di Iole, che fu torturato dai fascisti della banda Koch, non ebbe il coraggio di parlarne per molto tempo. Ne era invaso. Lei se ne accorse dai suoi incubi notturni. Ernesto non era più lui. Ciò peso in maniera decisiva sulla loro relazione”.


Il lavoro di ricerca che hai svolto è stato così accurato che leggendo sembra di camminare per le strade di Roma spalla a spalla con ogni partigiano che hai menzionato. Qual è stato il tuo grado di coinvolgimento personale rispetto alla ricostruzione della storia e alle persone coinvolte?


“Ogni libro è sempre un viaggio nell’umano. “Tutto quello che mi capita nella vita vera viene trasformato, appena succede, in una buona storia, da utilizzare alla prima occasione”, scrive Eskhol Nevo ne L’ultima intervista. E’ stato così anche per me. E perciò il libro è diventato, in corso d’opera, altro: non solo una storia di partigiani, non solo la storia di un matrimonio – di come bisogna stare dentro a un matrimonio – ma anche il racconto del mio legame con Iole. Cercavo un senso. I libri non sono fasci di pagine. Ci devono rivelare qualcosa: di nuovo possibilmente, di universale. Ho capito che la vita di Iole conteneva una lezione morale, uno stare al mondo, c’è in lei come un’intima saggezza. Iole ha 102 anni, le ha viste tutte, il suo sguardo è illuminante”.

 
La storia della signora Iole Mancini si interseca perfettamente con la narrazione storica, donando umanità e realismo.  La ricerca di una storia vera, senza orpelli e retorica, lascia al lettore un forte senso di immedesimazione che però non regala quel famoso lieto fine che spesso ci si aspetta di trovare. Nella creazione del libro ha inciso maggiormente la scelta stilistica o il desiderio di scrivere un vero e proprio reperto storico?

“Io uso i ferri del giornalista. Non sono uno storico, né uno studioso. Racconto delle storie, ma da cronista. Il giornalista ha questo di bello: si muove in una terra di mezzo tra tutti gli specialismi. Ma questo non fa di me uno scrittore, io non faccio fiction. E’ un memoir. Tutti i miei libri sono così: raccontare una storia dentro la grande storia. Le ricerche mi sono costate tanto lavoro, ore di solitudine, di verifiche, ho sempre la paura di sbagliare, ma stavolta, al momento della stesura finale, ho sentito il bisogno di buttare via una trentina di pagine proprio di contesto storico. Erano le parti che più di tutte mi erano costate fatica, ma sentivo istintivamente che dovevo stare solo su Iole ed Ernesto, e così qua e là ho asciugato tantissimo. E’ stato come tagliarmi un dito, ma sentivo che stavo facendo il bene del libro”.

Sul blog La Libraia parliamo spesso dell’importanza che ha la lettura per i bambini e i ragazzi; il tuo libro regala bellissimi spunti per scrivere la biografia di Iole in una versione adattata per i più giovani, hai pensato a questa eventualità? Hai avuto modo di condividere questo pezzo di storia in contesti scolastici?

“Il libro è appena uscito, e andremo sicuramente nelle scuole da settembre. Iole emoziona i ragazzi, l’ho già visto durante le prime presentazioni. E’ una testimone che conosce benissimo la vita, è autentica, questo i giovani lo percepiscono subito”.

 

 

 

Articolo di Rachele Marchegiani

Foto e video credits: Concetto Vecchio

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